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Volterra | L’alabastro

L’origine dell’alabastro

L’alabastro è una roccia di origine gessosa che si è originata dalla sedimentazione di grandi quantità di solfato di calcio presenti nelle acque marine. Tali depositi si sono accumulati circa 60 milioni di anni fa in territori sconvolti da fenomeni vulcanici e tettonici. Nelle viscere dei colli intorno a Volterra il solfato di calcio si è cristallizzato senza venire intaccato dalle infiltrazioni d’acqua che provocano le striature e le ombreggiature visibili in altri tipi di alabastro.


Gli artigiani etruschi

Già gli Etruschi hanno saputo approfittare, fin dall’VIII secolo a.C., della bellezza di questa chiarissima pietra. Insieme agli Egizi, furono i primi a capire che potevano dar vita a raffinate decorazioni per ornare i monumenti funerari. Ben 600 urne in alabastro sono oggi conservate al Museo Etrusco Guarnacci di Volterra.


La proliferazione di nuovi laboratori tra Cinquecento e Settecento

Per molti secoli la lavorazione si interruppe. Riprese nella seconda metà del Cinquecento, quando gli artisti volterrani scolpirono oggetti religiosi per le chiese della città. I “cavaioli” di Castellina fornivano la materia prima richiesta, l’alabastro bianco e l’opalino scaglione, attingendo da giacimenti profondi. A fine Settecento, con la fondazione dell’Officina Inghirami, si moltiplicarono i laboratori e i commercianti come Viti o Tangassi, dopo lunghi viaggi all’estero, ottennero importanti commissioni.

Le più importanti cave in attività fino agli anni Ottanta si trovavano in località Venelle a Castellina Marittima. Avevano cunicoli e gallerie estese su oltre 40 km, alte circa due metri e altrettanto larghe. Alcune raggiungevano una profondità di cento metri, erano illuminate con il gas acetilene ottenuto dal carburo, mentre nel passato con i lumi ad olio, appoggiati o sorretti da piccoli rami di alberi infissi nel terreno o nelle pareti, chiamati “candelieri”.

Per l’estrazione si adoperava esclusivamente il piccone, con cui il blocco veniva contornato e ripulito dai materiali accessori. A partire dai primi anni Sessanta si è usato il martello e lo scalpello pneumatici, pur continuando col piccone per particolari rifiniture e intagli.


Ecomuseo dell’alabastro, memoria della tradizione dell’alabastro

La memoria dell’antichissima tradizione dell’alabastro è conservata nellEcomuseo dell’alabastro, esposizione dislocata tra Volterra, Castellina Marittima e Santa Luce. Se a Castellina Marittima è possibile visitare i luoghi dell’escavazione, Volterra propone un percorso legato alla lavorazione e alla commercializzazione, mentre a Santa Luce è visitabile l’Archivio d’Area che conserva documenti sulla attività di escavazione.

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