Il Conte Guicciardini
Nato a Firenze nel 1851 nella nobile famiglia Guicciardini, Francesco si laureò in legge presso l’Università di Pisa e negli anni Settanta si dedicò alla professione forense.
Cominciò nel frattempo anche la sua carriera pubblica, diventando consigliere co
munale a Montopoli di cui fu poi Sindaco dal 1875 al 1882. In questa veste si dedicò in particolare al problema della diffusione dell’istruzione e provvede a risanare le finanze del Municipio.
Entra in Parlamento nel 1882, dove tiene una linea di costante sostegno ai governi Depretis, tanto che tra 1884 e 1886 gli viene affidato l’incarico di segretario generale del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, interessandosi di problemi connessi allo sviluppo e al miglioramento della produzione agricola nazionale.
In questo periodo le sue convinzioni cominciano a spostarsi verso la Sinistra: incontra Zanardelli e Giolitti e non esita ad intessere relazioni con i radicali che lo appoggiano nel 1889 quando diventa sindaco di Firenze. In seguito, appoggia il primo governo Giolitti, ma se ne distacca quando questi fu coinvolto nello scandalo della Banca romana. Rientra in Parlamento nel 1892 come rappresentante del collegio di San Miniato.
Dopo la scomparsa di Zanardelli (1903), si riavvicinò a Sonnino, con il quale dette vita a un gruppo parlamentare di centro di opposizione liberal-conservatrice a Giolitti, divenendo il deputato più autorevole del Centro in Toscana. Fu anche un attento studioso di politica estera compiendo numerosi viaggi nel Mediterraneo. L’esperienza politica e le conoscenze accumulate in tale ambito gli valsero la chiamata al Ministero degli esteri nei due brevi governi diretti da Sonnino nel 1906 e nel 1909-1910. Nello stesso tempo assunse la presidenza dell’Accademia dei Georgofili.
Negli ultimi anni della sua vita si avvicinò a posizioni nazionaliste, appoggiando l’invasione della Tripolitania. Guardò con timore all’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale ma alla fine dette voto favorevole alla proposta di conferimento al re di poteri eccezionali nel caso di guerra. Fu
l’ultimo atto della sua vita politica: si spense a Firenze il 1 settembre 1915.
Isidoro Falchi

Nato a Montopoli nel 1838, fu sedicesimo figlio di una famiglia qui giunta da Livorno sin dal Settecento. Nel 1862, dopo aver ottenuto la laurea in medicina a Pisa ed aver partecipato per breve tempo alla spedizione dei Mille, Falchi vinse la condotta da medico a Campiglia Marittima. Qui, tra il 1879 e il 1883 fu eletto Consigliere Comunale, dedicandosi in gran parte ai diritti di pascolo e agli usi civici. Iniziò così una ricerca archivistica che culminò con la pubblicazione del suo primo volume, “Trattenimenti popolari sulla storia della Maremma e specialmente di Campiglia Marittima” (1880) .
Fu durante questi studi d’archivio che Falchi trovò alcuni interessanti riferimenti utili a localizzare l’antica Vetulonia, potente città etrusca della quale da tempo si era persa l’ubicazione. Nello stesso periodo gli furono consegnate tre monete su cui compariva la scritta “VATL”, la denominazione etrusca di Vetulonia, provenienti dal colle su cui allora sorgeva Colonna di Buriano.
Forte di questi indizi, il medico si avventurò a Colonna il 27 maggio del 1880. Da questo momento ebbe inizio la riscoperta dei resti dell’antica cittĂ di Vetulonia. Nel 1889 Falchi eseguì anche qualche sporadica ricerca nella necropoli di San Cerbone a Populonia, dove rinvenne sepolture e strutture tombali sotto imponenti accumuli di scorie ferrose. Riprese gli scavi nel 1897 che però si interruppero quasi subito a causa di dissapori con il proprietario dei terreni.
Nel frattempo, a causa della morte del fratello Francesco, Isidoro era tornato a Montopoli, dove si fece carico della famiglia di questi e ne raccolse il
testimone anche in politica, ricoprendo il ruolo di Sindaco dal 1872 al 1876 ed essendo eletto come consigliere comunale ancora per diversi anni. In
questo periodo Falchi si scontrò con le difficoltà amministrative del Municipio e con le ostilità della nobiltà che aveva possedimenti nel montopolese,
compreso il conte Guicciardini che gli succedette come Sindaco.
Falchi ricevette inoltre la nomina di Presidente del Regio Conservatorio di Santa Marta (1880), con il compito di rivitalizzarlo e di portarne a compimento il processo di laicizzazione, secondo gli indirizzi politici del Governo nazionale. Oltre a questo, fu Presidente della SocietĂ Operaia, del Teatro e del Gabinetto di lettura di Montopoli, dove si spense nel 1914.
Orazio Caccini
Caccini era Figlio di Michelangelo Caccini, falegname e commerciante di legname originario di Montopoli in Val d’Arno, Orazio fu il maggiore tra i suoi fratelli, Giulio e Giovanni; fu battezzato a Roma nella basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini il 19 febbraio 1548.
Orazio Caccini intraprese la carriera di musicista e nel febbraio 1577 assunse la carica di Maestro di Cappella nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, succedendo a artisti di grande rilievo tra i quali Giovanni Pierluigi da Palestrina e Ippolito Tartaglino .
Come maestro di cappella era responsabile della musica della compagine che accompagnava le funzioni liturgiche nella basilica; era inoltre incaricato dell’educazione musicale dei giovani apprendisti: gli allievi erano da lui istruiti sia nella pratica del canto (ed eventualmente di uno strumento) che nella teoria musicale. Il maestro aveva obblighi contrattuali precisi ed era tenuto a osservarli, pena la perdita dell’incarico o il pagamento di una multa.
Caccini lasciò questo incarico nell’agosto 1578 e intorno al 1580 trascorse un lungo periodo in Nord Italia dove intraprese l’attività di compositore.
Il 15 luglio 1585 Caccini pubblicò la sua prima ed unica opera Madrigali et canzonette a cinque voci per opera degli associati veneziani Amadino e Vincenti. La raccolta è dedicata a Don Ferrante Gonzaga principe di Molfetta ed è conservata in copia unica a Modena presso la Biblioteca Estense.
Sconosciuta è la data della morte. Pochi anni dopo l’uscita in stampa dei suoi Madrigali si affermano le nuove correnti sostenitrici della monodia e dello stile detto recitar cantando. Suo fratello minore, Giulio, rappresentò uno dei maggiori esponenti di questo stile.
In occasione del 450º anniversario della sua nascita sono state ripubblicate le sue opere e la pregevole opera discografica allegata per interesse e con il patrocinio di Regione Toscana, Provincia di Pisa, Comune di Montopoli in Val d’Arno, Cassa di Risparmio di San Miniato e Accademia musicale Caccini.
Vincenzo Baldovinetti
Vincenzo di Giovanni di Iacopo Baldovinetti, la cui famiglia è originaria di Marti (frazione di Montopoli) nacque il 15 Dicembre 1645. Nel 1648 restò orfano del padre e fu avviato alla carriera militare, venendo ammesso come paggio del Gran Maestro dell’Ordine di Santo Stefano, Ferdinando II Granduca di Toscana, in attesa di ricevere la nomina di Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, che avvenne nel 1657. All’età di 18 anni Vincenzo decise di iniziare l’attività vera e propria come Cavaliere Rossocrociato, cominciando a navigare sulle navi della flotta stefaniana.
Ebbe così avvio una folgorante carriera nei mari di Toscana e, dopo dieci anni di navigazione, Vincenzo ricevette la nomina al grado di Capitano della terza galera della flotta di Sua Altezza Reale (1674).
L’anno successivo fu un momento memorabile per il suo stato di servizio: durante una navigazione di perlustrazione delle acque del Tirreno settentrionale ebbe un ruolo di rilievo nella presa della prima galera della flotta tunisina, la “Padrona” di Biserta, e nella cattura del suo Ammiraglio, il corsaro Ciriffo Moro, che saccheggiava le navi cristiane in transito presso l’arcipelago toscano.
A partire dal 1683, la sua parabola ascendente ebbe un arresto, come racconta lo stesso Vincenzo nel suo memoriale, scritto nel 1704 e intitolato “Passaggio della mia vita in questo mondo di me, Capitano Vincenzio Baldovinetti di Iacopo Baldovinetti (…), e mi sia permesso il dire abbandonato dalla fortuna non con altro demerito che quello d’essere stato un peccatore”.
Dal punto di vista delle rendite la carriera del Baldovinetti continuò a progredire, tanto che ottenne nel 1695 la prestigiosa carica di Gran Contestabile e poi quella di Balì di Lucca, ma non fu mai reintegrato al comando di navi, fatto che gli causò profonda delusione ed amarezza, come si capisce dal memoriale stesso, il cui testo fu steso quando ormai si era ritirato a Marti per dedicarsi al miglioramento della dimora e delle sue proprietà .
Durante i suoi soggiorni martigiani, Vincenzo si interessò anche alla salute della locale pieve di S. Maria Novella, promuovendone i restauri e finanziando la creazione dell’altare della Vergine nella cappella per la Compagnia del Corpus Domini. Il 30 aprile del 1673 il popolo di Marti si recò in processione al convento di S. Romano riportandone un bel Crocifisso donato dal Baldovinetti e giunto da Firenze col navicello, per riporlo nel nuovo altare della pieve, eretto da Vincenzo a tale scopo, dove si può ammirare ancora oggi:
Vincenzo Baldovinetti morì a Marti il 5 Febbraio 1719, ed è sepolto nella Compagnia del Corpus Domini nella Pieve di Marti, come recita la sua lastra sepolcrale ancora esistente.